martedì 17 agosto 2010

Che cosa avviene del mio pugno quando apro la mano?

Il nostro mondo è una raccolta di processi piuttosto che di entità. Il processo fondamentale di misurazione è la divisione. La forma non è permanente, essa è flusso. La forma è maya quando la mente cerca di comprenderla e controllarla nell'ambito delle categorie fisse del pensiero.

Finchè l'intelletto cosciente si sforzerà di imprigionare il mondo nella sua rete di astrazioni ed insisterà nel voler incatenare la vita ed adattarla alle proprie rigide categorie, lo spirito del taoismo rimarrà incomprensibile; e l'intelletto si logorerà.

Il mondo formale diviene mondo reale nel momento in cui non è più trattenuto, nell'istante in cui si cessa di resistere alla sua mutevole fluidità. La transitorietà è oppressiva solo per la mente che insiste nello sforzo di ghermire.

Il nirvana è espirazione, l'atto di chi ha capito l'inutilità di cercare di trattenere il respiro o la vita indefinitamente, poichè trattenere il respiro significa perderlo. Esso può sorgere solo in modo spontaneo.

lunedì 9 agosto 2010

Registrazioni psichiche

Teoria elaborata da Peter Underwood e da Hermann Wilkins: Peter Underwood (uno dei più noti Ghost Hunter del mondo) faceva notare come, spesso, gli spettri attraversino porte e muri che non esistono più ma che esistevano un tempo. E' come rivedere un film datato che viene ritrasmesso ciclicamente. In pratica, grazie a particolari situazioni ambientali, si può creare una sorta di "buco nella luce" che renderebbe possibile vedere nel passato per pochi istanti.
Questo spiegherebbe perché i fantasmi vengono visti ad oltrepassare i muri, a fluttuare nell'aria ed a camminare immersi per metà nella strada; questo perché molto probabilmente nel passato non esisteva quel determinato muro, c'era una dunetta oppure la strada non era ancora stata costruita.

I fantasmi sarebbero, allora, "fotografie" rimaste impresse nella pellicola spazio temporale.


Queste registrazioni si verificherebbero solo in seguito ad eventi particolarmente complessi dal punto di vista emozionale: ecco perché molti spettri ripresentano nelle loro comparizioni determinati stati d'animo (paura, tristezza, angoscia, amore, ecc,ecc....). Sebbene sia stata riveduta ed integrata negli ultimi tempi, questa teoria é alla base delle concezioni parapsicologiche in merito alle apparizioni.


Questa teoria sta prendendo piede negli ultimi anni, pur non avendo alcun fondamento scientifico e mancando di ogni possibilità di verifica. Inoltre, vista la natura unica dello spaziotempo, questa teoria non spiega il motivo per cui si avrebbero questi slittamenti solo in termini di tempo e non di spazio.

Il noto acchiappa-fantasmi inglese Andrew Green sostiene che l'origine dei fantasmi sia dovuta alla proiezione mentale elettromagnetica di coloro che, pensando a qualcuno in un frangente particolarmente tragico, proiettano l'immagine di quella persona nel luogo in cui l'hanno vista l'ultima volta. Il fenomeno elettromagnetico avverrebbe nella banda nell'infrarosso tra i 380 e 440 nanometri. Tale teoria spiega l'esistenza di oggetti inanimati fantasma come case, auto o altro. Lo stesso Green spiega, invece, i fenomeni psico-cinetici infestatori come causati da stress o paura di persone che hanno a che fare col luogo degli avvenimenti.
Nel 1998, sul Journal of the Society for Psychical Research ,Vic Tandy, pubblica un articolo molto interessante che si fa carico di una teoria alquanto interessante da leggere: Tandy lavorava presso un laboratorio reputato "Infestato" poichè vari ricercatori che vi lavoravano giornalmente avevano dichiarato di vedere degli "spettri". Una notte, Tandy si trovava da solo a lavorare in quel laboratorio, quando improvvisamente e senza alcun motivo apparente, incominciò a provare una spiacevole sensazioni psicologica, un misto di paura e ansia, dopo le quali iniziò a percepire qualcosa di indefinito attorno a lui, appunto, una presenza. Egli si girò verso il punto da cui si sentiva osservato e le sensazioni sparirono all'improvviso. Il giorno seguente, rientrando nello stesso laboratorio, notò una lamina stretta in una morsa che tremava fortemente senza motivo fisico apparente, spostando l'oggetto in altri punti della stanza egli notò che esso non vibrava allo stesso modo in ogni punto per cui trovò la causa di tutto ciò: infrasuoni generati da un macchinario nella stanza!
Tandy ipotizzò allora che gli stessi infrasuoni potessero essere la causa della sgradevole sensazione provata la notte precedente. Dal punto di vista fisico, gli infrasuoni non sono percepiti dalle nostre orecchie; tuttavia essi possono produrre apprezzabili effetti fisiologici. Ogni parte del corpo umano, infatti, possiede una precisa frequenza di risonanza, in corrispondenza della quale gli infrasuoni avrebbero effetti particolarmente significativi. Tandy ipotizzò, allora, che anche le sensazioni di ansia e di paura da lui provate la notte precedente potessero essere originate proprio dagli infrasuoni. In particolare, gli infrasuoni potrebbero essere entrati in risonanza con il bulbo oculare, provocando la sensazione che qualcuno fosse presente nella stanza.

Campi

Riprendo con i post, dopo le vacanze estive...

La teoria della relatività ha mostrato che la massa non ha nulla a che fare con una qualsiasi sostanza, ma è una forma di energia. Quest'ultima è una quantità dinamica associata ad attività o a processi. Il fatto che la massa di una particella (pacchetti di energia) sia equivalente ad una certa quantità di energia significa che la particella non può essere considerata un oggetto statico, ma va intesa come una configurazione dinamica, un processo coinvolgente quell'energia che si manifesta come massa della particella stessa. L'intero universo appare come una rete dinamica di configurazioni di energia non separabili. Le proprietà di una particella possono essere capite solo in rapporto alla sua attività, alla sua interazione con l'ambiente circostante. Oggi si vede che forza e materia hanno la loro comune origine nelle configurazioni dinamiche che chiamiamo particelle. L'approssimazione di un oggetto formato da parti costituenti non è più valida. Il mondo delle particelle non può essere scomposto in componenti elementari.

Le particelle non esistono con certezza in punti definiti, ma mostrano piuttosto "tendenze ad esistere" e gli eventi atomici non avvengono con certezza in momenti precisi ed in modi definiti, ma mostrano "tendenze ad avvenire". Esse sembrano costituire un sistema "intermedio" che collega i processi che avvengono in A ed in B. Essa esiste e ha significato solo in questo contesto; non come entità isolata, ma come collegamento tra i processi di preparazione e misurazione. Le proprietà della particella non possono essere definite indipendentemente da questi processi.

Le particelle materiali isolate sono astrazioni, poichè le loro proprietà sono definibili ed osservabili solo mediante la loro interazione con altri sistemi. Quando le osserviamo, non vediamo mai nessuna sostanza, ma solo forme dinamiche che si trasformano incessantemente l'una nell'altra, in una continua danza di energia.

Il campo quantistico è visto come l'entità fisica fondamentale: un mezzo continuo presente ovunque nello spazio. Le particelle sono soltanto condensazioni locali del campo, concentrazioni di energia che vanno e vengono, energia concentrata in un piccolo spazio.

giovedì 22 luglio 2010

Dove sparisce il buco quando è finito il formaggio?

Uno dei vantaggi di avere una mente è che ci permette di non agire, nel senso di sfuggire all'automatismo stimolo-risposta. Ci lascia dei ragguardevoli spazi di indeterminazione, e quindi di autodeterminazione.

Quando dico "io" intendo qualcosa che è avvenuto sulla scia di un'elaborazione.

L'aspetto cruciale della mediazione del corpo e del cervello è che richiede tempo; mentre se la mente fosse una sostanza immateriale, questo vincolo non vi sarebbe. Un evento fisico richiede tempo, ma uno immateriale? Non sembra.

martedì 20 luglio 2010

Ipocondria...

Riporto un vecchio post di un utente che ho trovato sul Web. Lo faccio perchè nella sua testimonianza e nei suoi pensieri un pò ci ritrovo pezzi di me e mi fa piacere ritrovare queste parole ogni volta che mi possano venire inrazionali dubbi... (anche se la sua esperienza è molto più forte della mia la base può essere simile...)

E' da circa un mese e mezzo che frequento questo forum. Il comun denominatore delle persone che scrivono e forse anche di quelle che leggono soltanto è il soffrire di fascicolazioni e molti altri sintomi di tipo muscolar e non. Tuttavia vi è un comun denominatore a mio avviso ben più interessante e profondo ed è la paura di avere gravissime malattie. Una paura che in alcuni casi assume le sembianze di una vera e propria ossessione (per lo meno a me sta accadendo così).
Da quando soffro di questo problema (esattamente da un anno e mezzo) la mia vita è cambiata. Non che prima non riflettessi sui fondamentali della nostra esistenza, ma sicuramente c'è stato un salto di prospettiva che mi ha condotto a pormi in maniera molto diretta di fronte al problema dei problemi: l'accettazione della sofferenza e della morte.

Prima di giungere alle brevi riflessioni che mi sento di condividere al riguardo vi racconto brevemente la storia della mia ipocondria, che naturalmente nella sua tragicità presenta anche tratti semi-comici (come ogni forma maniacale che si rispetti).

Le righe che seguono le ho scritte stamattina per me stesso, ma sono ben contento di condividerle con voi. Non pretendo che vi sentiate rappresentati, naturalmente, ma forse per qualcuno possono essere utili, almeno per sentirsi più vicini.


Tutto è iniziato nel giugno 2008 con un valore sballato delle analisi del sangue (biliriubina) che mi ha fatto credere di avere un tumore al fegato (nella mia perfetta ignoranza). Ho avuto tre o quattro giorni di panico, finché il medico di famiglia non mi ha rassicurato dicendomi che si trattava del morbo di gilbert (totalmente benigno e asintomatico). Dopo tre settimane mi sono sentito una piccola cisti al testicolo e memore di un'esperienza in famiglia (per fortuna risoltasi brillantemente) mi sono convinto di avere un tumore al testicolo e stavolta la convizione era ben più radicata. La paura tremenda di effettuare l'ecografia scrotale di controllo mi ha condotto a sviluppare una fortissima gastrite psicosomatica (al tempo non sapevo di soffrire di reflusso g-e) a cui inizialmente ho legato l'idea di una metastasi addominale linfonodale (avevo dolori allo stomaco fortissimi, nausea e vomito). Dopo il risultato negativo dell'ecografia (cisti dell'epididimo ordinaria) ho continuato per ben due mesi con i miei dolori gastrici ed esofagei alternando il terrore di un carcinoma gastrico primitivo a quello di adenocarcinoma esofageo o del cardias. Quel periodo (Agosto-Ottobre 2008) sono stato malissimo nel corpo e nella mente, attendendo ben due mesi e mezzo per la guarigione con inibitori della pompa gastrica (il mio medico di famiglia si rifiutava di farmi effettuare una gastroscopia).
Poi lo stomaco è tornato a bussare alla porta a Novembre con nuova gastrite e nuovi timori pazzeschi. Convinco il mio medico a farmi effettuare una gastroscopia. Nel frattempo subentra una dermatite molto forte diffusa ovunque (gli anni precedente colpiva solo le gambe sempre in inverno). Inizio a temere qualche tumore del sangue (linfomi vari) o un problema epatico o renale per i fortissimi pruriti in tutto il corpo.
A Gennaio 2009 la gastroscopia riporta: reflusso g-e e lieve gastrite (il grosso era passato).
A Febbraio inizio ad avvertire un forte dolore al dito della mano destra che non passa con antinfiammatori. Arrivo al delirio di convincermi che si tratti di un osteosarcoma ancora confinato. Dopo un mese il fastidio passa da sé.
Ma il bello arriva nel mese di Giugno (forse dopo una primavera di relativa calma psicologica). Mi si presenta una bella cisti sebacea sotto l'ascella che si gonfia fortemente con il passare dei giorni. Mi convinco si tratti di linfonodo maligno e penso al peggio (linfoma, leucemia e chi più ne ha pià ne metta). Prenoto allora una visita dermatologica di controllo anche per effettuare un monitoraggio dei nei mai compiuto prima.
La dermatologa (Luglio 2009) mi rassicura dicendo che si tratta di cisti sebacea, ma mi becca un bel neo interdigitale al piede sinistro che guarda con sospetto asserendo che è opportuno asportarlo. Le chiedo se c'è da preoccuparsi, lei dice di no, ma che è meglio toglierlo, anche senza fretta.
Naturalmente le rassicurazioni non mi servono a nulla e sviluppo la quasi certezza di avere un melanoma in fase verticalizzata (poiché trascurato). Mi studio tutto, ma dico tutto, sul melanoma in preda ad un delirio e mi convinco che mi mancano pochi mesi di vita. Alla fine di Luglio mi convinco di avere una metastasi linfonodale all'inguine per asimmetria dei linfondi tra destra e sinistra.
Passo le mie uniche vacanze estive in preda a questo panico rovinando interiormente momenti bellissimi (e santo Dio anche di benessere fisico oggettivo). Sulla mano destra mi compaiono delle machiette striate curiose (che ho poi scoperto essere sabbia finita sotto pelle chissà come), e le attribuisco ad una metastasi cutanea a distanza del melanoma medesimo. Passo tutta l'estate a monitorare maniacalmente il mio stramaledetto neo tra le dita dei piedi (brutto punto, penso, vicino a dove ha fottuto il povero Bob Marley). Lo misuro, ne testo colore, forma, striature, mi convinco che si stia desquamando (brutto segno!!). Nel frattempo proprio negli ultimi giorni della mia vacanza mi viene un attacco di cefalea e vertigini con spossatezza. Dimentico per qualche giorno il neo e mi concentro sulla testa (stavo oggettivamente una merda). Tumore cerebrale, sclerosi multipla, persino...udite udite metastasi cerebrale da melanoma....queste le mie ipotesi diagnostiche geniali. Dopo 15 giorni passa tutto e mi riconcentro sul mio spelndido neo.
Il 26 Agosto finalmente asporto il neo e passo 10 giorni di inferno in attesa dell'esame istologico che giunge infine il 9 Settembre: nevo melanocitico composto di natura benigna.
A quel punto ho 10-12 giorni di grazia. Mi calmo, prometto a me stesso e a chi mi sta intorno di cambiare, di rilassarmi, di vivere diversamente le riflessioni sull'esistenza che nel frattempo associavo al delirio ipocondriaco morboso. Mi rimane la sfiga di camminare zoppo (per l'operazione tra le dita dei piedi), ma sto una favola interiormente (almeno in apparenza).
Il 18-20 Settembre inizio ad assumere i miei farmaci per la fase autunnale delle allergie. Dopo due giorni inizia l'attuale inferno psico-fisico-spirituale. Fascicolazioni, giramenti di testa, formicolii, astenia, gambe a pezzi e tutte le belle cose che non vi sto a ripetere qui perché chi mi ha letto già le conosce. Ed oggi, 16 dicembre, mi ritrovo qua, con il fisico rottamato e lo spirito inquieto alla ricerca di domande, risposte, in preda a dubbi, a momenti di pace e a momenti di infernale paura.



Che conclusioni traggo da tutta questa storia di vita?
Credo che la mia-nostra ipocondria sia una sfida esistenziale, un'occasione unica per affrontare i nodi che non si sono sciolti interiormente. Personalmente ho l'enorme fortuna di vivere una vita felice sul piano affettivo, sentimentale e relazionale. E proprio quando questa felicità sembrava massima e mi sentivo fortissimo e invulnerabile rispetto alle forze esterne della vita (compiedo anche scelte importanti), tutto concentrato sul mio interiore, sui sentimenti, sulla capacità di dare e di accogliere il bene (ad ogni livello della vita, dal personale al sociale), ebbene proprio in quel frangente, un maledetto valore alterato della bilirubina mi ha colto in fallo. Mi ha ricordato che esiste la fatalità, che ciò che é esterno non lo possiamo cambiare e che si tratta di forze fuori dal nostro dominio. E di lì è giunta la crisi. Crisi dovuta al contrasto tra il sentimento di eternità e di onnipotenza che coltivavo dentro e la caducità insostenibile della materialità che ci contiene: il nostro corpo, involucro della nostra breve vita.
Questo contrasto tra esigenza di eterno e oggettività del corpo come ente finito e decadente, mi ha portato a riflettere tantissimo (riflessioni che grazie a Dio ho potuto condividere con persone molto care e vicine).

Ebbene credo che l'ipocondria, che si presenta come paura di soffrire e di morire, è in realtà lo specchio riflesso della paura di vivere fino in fondo, sapendo che la vita non è qualcosa di scontato, ma ti può sparigliare le carte in tavola in ogni momento, cambiando forma e costringendoti a sforzi pazzeschi per trovare un adattamento.
Come il velista continua a veleggiare anche se il vento è contrario ed anzi prova persino una ragione di forza nel trovare il modo di andare con vento traverso, così l'uomo che ama la vita, impara a prenderla nelle diverse e svariate (spesso purtroppo dolorose) forme che essa assume. Facile a dirsi quando tutto sommato ancora si sta decentemente...di sicuro! Però la prospettiva esistenziale in cui ci si mette è, a priori, fondamentale e questa esperienza di patemi interiori mi sta insegnando tantissimo, anche se sono ancora un cattivissimo allievo.
Se l'ipocondria è paura di vivere, la soluzione all'ipocondria è guardare la vita non soltanto con coraggio, ma anche con umiltà: due virtù speculari che non possono esistere l'una indipendentemente dall'altra. Il coraggio ci aiuta ad affrontare ciò che la vita offre cogliendo sempre il massimo della sua essenza, concentradoci sul bene che possiamo dare agli altri e ricevere dagli altri. Coraggio quindi per affrontare la relazione come centro motore della nostra esistenza. Relazione che per chi è credente è anche relazione con l'eternità. A proposito non amo dividere il mondo in religiosi e non religiosi. Ciò che conta sono infatti fede e la fiducia come concetti trasversale alla semplice religione (che ne é una nobilissima e rispettabile forma). Fede nella vita, nell'altro e nell'eternità dei sentimenti autentici che si eternano oltre la vita del singolo.
La seconda virtù è l'umiltà: umilità di non voler prevedere ciò che non possiamo prevedere, non voler superare i limiti della nostra umanità diventando superumani capaci di comandare il nostro (per definizione imprevedibile) destino. Umiltà di saper amare la vita proprio perché il fattore esterno è imprevedibile e non ci resta che imparare ad accettarlo, lavorando interiormente.

Coraggio ed umiltà, quindi, per imparare a concentrare tutte le nostre risorse in direzione di ciò che possiamo modificare, cioé nell'essenziale il nostro potenziale relazionale verso l'altro, limitando invece al massimo il dispendio di energie verso l'immodificabile che con enorme superbia ci si ostina a voler prevedere morbosamente per esorcizzare il nostro fottutissimo timore di vivere.

Come dicevo sono un cattivissmo allievo. Proprio in questi giorni continuo infatti a cadere nella trappola della concentrazione verso ciò che non posso modificare. La morbosità conoscitiva mi vince, il dubbio mi assale, la paura mi toglie la vita che scorre.
Ammettere di essere cattivi allievi, d'altra parte, non basta! Ci si deve sforzare di trarre insegnamento dalle esperienze come queste. Ci si deve sforzare di vivere bene ora, indipendentemente dal fatto che tra due mesi si ha l'EMG, o che sono passati solo tre mesi dall'esordio dei sintomi e che quindi forse tra 4 mesi potrei scoprire di avere la SLA. Non ci deve riguardare un pensiero del genere. Non si può vivere contando i giorni dagli esordi delle maledette fascicolazioni. Non si può vivere al di sopra della propria vita monitorandola come fosse un giocattolo a proprio uso e consumo.
Se poi si scopre di essere malati davvero? Be, allora si assumerà una nuova prospettiva e tragicamente si trarranno nuovi difficilissimi insegnamenti da questa vita. Se proprio il vento dovrà girare contro, si proverà a navigare con ciò che resta. E l'interiorità sarà messa alla prova ancora una volta, come sempre d'altronde, seppur in forme così diverse da caso a caso.
Ma è del tutto inutile e altamente nocivo far finta che ci sia un vento che non c'è, scambiare il libeccio con il maestrale, finendo per adottare tecniche di navigazione completamente sbagliate che rischiano soltanto di far fermare la barca in mezzo al mare per la nostra isteria e stasi interiore. La raffigurazione di malattie che non esistono rappresenta soltanto un livello di superbia distruttivo che logora la nostra interiorità conducendoci all'egocentrismo più vile (lo affermo provandolo quotidianamente su di me).

Non lancio soluzioni, né proposte concrete. Provo soltanto a tracciare una tendenza, una linea che è difficilissima da seguire, ma che è la sola che può portare l'uomo ad affrontare con coraggio ed umiltà la propria vita. Senza cadere nei facili e orribili ottimismi dei semplicioni, ma sapendo conciliare serenità, felicità e sofferenza (che è legittima e che deve essere vissuta e raccontata, non certo nascosta come vorrebbe la nostra stupidissima società materialistica ed edonostica avviata al suicidio sociale collettivo).


Impariamo ad essere illimitati ed eterni rimanendo nei nostri ineluttabili ed in fondo benemeriti limiti.

lunedì 19 luglio 2010

Teoria quantistica dei campi...

Uno dei migliori riassunti, semplici e concisi che ho trovato sull'argomento... naturalmente con un pò di arrangiamenti... :-)

Il campo quantistico dopo la procedura di quantizzazione non appare come un mezzo continuo, ma si decompone in una serie di noduli di energia che si propagano nello spazio. Questi singoli noduli sono ciò che chiamiamo particelle; ma in realtà esse sono solo un'espressione della sostanza sottostante che riempie lo spazio, il campo quantistico. Le particelle non sono altro che una localizzazione dell'energia del campo.

I campi trasportano l'informazione della forza e dell'energia attraverso lo spazio, rispettando rigorosamente la proprietà della località. Un sistema reagisce solo all'azione dei campi situati nelle sue vicinanze. Le interazioni tra campi sono strettamente locali. Materia e forza sono entrambe frutto di campi quantistici e della loro reciproca interazione.

Il campo quantistico si comporta come un'onda, tuttavia se osservato non appare più come un mezzo continuo, ma piuttosto come uno sciame di entità individuali, ciascuna delle quali trasporta una ben determinata quantità di energia (fotoni, elettroni, gluoni, bosoni W e Z). Sono i campi quantistici la realtà fondamentale, non le particelle. Ogni specie di particella elementare è associata ad un diverso campo quantistico. Noi osserviamo questi noduli di energia come singole particelle, ma in realtà sono manifestazioni di un'unica sostanza fisica. Secondo la teoria quantistica dei campi, la forza elettromagnetica è il risultato dell'interazione tra il campo dell'elettrone e quello del fotone.

Pallocchio...


Pallocchio è il simpatico criceto dagli occhi enormi nel film racconti incantati...

Direi che non c'entra nulla con questo blog... ma un diversivo ogni tanto ci vuole!!!