martedì 17 agosto 2010

Che cosa avviene del mio pugno quando apro la mano?

Il nostro mondo è una raccolta di processi piuttosto che di entità. Il processo fondamentale di misurazione è la divisione. La forma non è permanente, essa è flusso. La forma è maya quando la mente cerca di comprenderla e controllarla nell'ambito delle categorie fisse del pensiero.

Finchè l'intelletto cosciente si sforzerà di imprigionare il mondo nella sua rete di astrazioni ed insisterà nel voler incatenare la vita ed adattarla alle proprie rigide categorie, lo spirito del taoismo rimarrà incomprensibile; e l'intelletto si logorerà.

Il mondo formale diviene mondo reale nel momento in cui non è più trattenuto, nell'istante in cui si cessa di resistere alla sua mutevole fluidità. La transitorietà è oppressiva solo per la mente che insiste nello sforzo di ghermire.

Il nirvana è espirazione, l'atto di chi ha capito l'inutilità di cercare di trattenere il respiro o la vita indefinitamente, poichè trattenere il respiro significa perderlo. Esso può sorgere solo in modo spontaneo.

lunedì 9 agosto 2010

Registrazioni psichiche

Teoria elaborata da Peter Underwood e da Hermann Wilkins: Peter Underwood (uno dei più noti Ghost Hunter del mondo) faceva notare come, spesso, gli spettri attraversino porte e muri che non esistono più ma che esistevano un tempo. E' come rivedere un film datato che viene ritrasmesso ciclicamente. In pratica, grazie a particolari situazioni ambientali, si può creare una sorta di "buco nella luce" che renderebbe possibile vedere nel passato per pochi istanti.
Questo spiegherebbe perché i fantasmi vengono visti ad oltrepassare i muri, a fluttuare nell'aria ed a camminare immersi per metà nella strada; questo perché molto probabilmente nel passato non esisteva quel determinato muro, c'era una dunetta oppure la strada non era ancora stata costruita.

I fantasmi sarebbero, allora, "fotografie" rimaste impresse nella pellicola spazio temporale.


Queste registrazioni si verificherebbero solo in seguito ad eventi particolarmente complessi dal punto di vista emozionale: ecco perché molti spettri ripresentano nelle loro comparizioni determinati stati d'animo (paura, tristezza, angoscia, amore, ecc,ecc....). Sebbene sia stata riveduta ed integrata negli ultimi tempi, questa teoria é alla base delle concezioni parapsicologiche in merito alle apparizioni.


Questa teoria sta prendendo piede negli ultimi anni, pur non avendo alcun fondamento scientifico e mancando di ogni possibilità di verifica. Inoltre, vista la natura unica dello spaziotempo, questa teoria non spiega il motivo per cui si avrebbero questi slittamenti solo in termini di tempo e non di spazio.

Il noto acchiappa-fantasmi inglese Andrew Green sostiene che l'origine dei fantasmi sia dovuta alla proiezione mentale elettromagnetica di coloro che, pensando a qualcuno in un frangente particolarmente tragico, proiettano l'immagine di quella persona nel luogo in cui l'hanno vista l'ultima volta. Il fenomeno elettromagnetico avverrebbe nella banda nell'infrarosso tra i 380 e 440 nanometri. Tale teoria spiega l'esistenza di oggetti inanimati fantasma come case, auto o altro. Lo stesso Green spiega, invece, i fenomeni psico-cinetici infestatori come causati da stress o paura di persone che hanno a che fare col luogo degli avvenimenti.
Nel 1998, sul Journal of the Society for Psychical Research ,Vic Tandy, pubblica un articolo molto interessante che si fa carico di una teoria alquanto interessante da leggere: Tandy lavorava presso un laboratorio reputato "Infestato" poichè vari ricercatori che vi lavoravano giornalmente avevano dichiarato di vedere degli "spettri". Una notte, Tandy si trovava da solo a lavorare in quel laboratorio, quando improvvisamente e senza alcun motivo apparente, incominciò a provare una spiacevole sensazioni psicologica, un misto di paura e ansia, dopo le quali iniziò a percepire qualcosa di indefinito attorno a lui, appunto, una presenza. Egli si girò verso il punto da cui si sentiva osservato e le sensazioni sparirono all'improvviso. Il giorno seguente, rientrando nello stesso laboratorio, notò una lamina stretta in una morsa che tremava fortemente senza motivo fisico apparente, spostando l'oggetto in altri punti della stanza egli notò che esso non vibrava allo stesso modo in ogni punto per cui trovò la causa di tutto ciò: infrasuoni generati da un macchinario nella stanza!
Tandy ipotizzò allora che gli stessi infrasuoni potessero essere la causa della sgradevole sensazione provata la notte precedente. Dal punto di vista fisico, gli infrasuoni non sono percepiti dalle nostre orecchie; tuttavia essi possono produrre apprezzabili effetti fisiologici. Ogni parte del corpo umano, infatti, possiede una precisa frequenza di risonanza, in corrispondenza della quale gli infrasuoni avrebbero effetti particolarmente significativi. Tandy ipotizzò, allora, che anche le sensazioni di ansia e di paura da lui provate la notte precedente potessero essere originate proprio dagli infrasuoni. In particolare, gli infrasuoni potrebbero essere entrati in risonanza con il bulbo oculare, provocando la sensazione che qualcuno fosse presente nella stanza.

Campi

Riprendo con i post, dopo le vacanze estive...

La teoria della relatività ha mostrato che la massa non ha nulla a che fare con una qualsiasi sostanza, ma è una forma di energia. Quest'ultima è una quantità dinamica associata ad attività o a processi. Il fatto che la massa di una particella (pacchetti di energia) sia equivalente ad una certa quantità di energia significa che la particella non può essere considerata un oggetto statico, ma va intesa come una configurazione dinamica, un processo coinvolgente quell'energia che si manifesta come massa della particella stessa. L'intero universo appare come una rete dinamica di configurazioni di energia non separabili. Le proprietà di una particella possono essere capite solo in rapporto alla sua attività, alla sua interazione con l'ambiente circostante. Oggi si vede che forza e materia hanno la loro comune origine nelle configurazioni dinamiche che chiamiamo particelle. L'approssimazione di un oggetto formato da parti costituenti non è più valida. Il mondo delle particelle non può essere scomposto in componenti elementari.

Le particelle non esistono con certezza in punti definiti, ma mostrano piuttosto "tendenze ad esistere" e gli eventi atomici non avvengono con certezza in momenti precisi ed in modi definiti, ma mostrano "tendenze ad avvenire". Esse sembrano costituire un sistema "intermedio" che collega i processi che avvengono in A ed in B. Essa esiste e ha significato solo in questo contesto; non come entità isolata, ma come collegamento tra i processi di preparazione e misurazione. Le proprietà della particella non possono essere definite indipendentemente da questi processi.

Le particelle materiali isolate sono astrazioni, poichè le loro proprietà sono definibili ed osservabili solo mediante la loro interazione con altri sistemi. Quando le osserviamo, non vediamo mai nessuna sostanza, ma solo forme dinamiche che si trasformano incessantemente l'una nell'altra, in una continua danza di energia.

Il campo quantistico è visto come l'entità fisica fondamentale: un mezzo continuo presente ovunque nello spazio. Le particelle sono soltanto condensazioni locali del campo, concentrazioni di energia che vanno e vengono, energia concentrata in un piccolo spazio.

giovedì 22 luglio 2010

Dove sparisce il buco quando è finito il formaggio?

Uno dei vantaggi di avere una mente è che ci permette di non agire, nel senso di sfuggire all'automatismo stimolo-risposta. Ci lascia dei ragguardevoli spazi di indeterminazione, e quindi di autodeterminazione.

Quando dico "io" intendo qualcosa che è avvenuto sulla scia di un'elaborazione.

L'aspetto cruciale della mediazione del corpo e del cervello è che richiede tempo; mentre se la mente fosse una sostanza immateriale, questo vincolo non vi sarebbe. Un evento fisico richiede tempo, ma uno immateriale? Non sembra.

martedì 20 luglio 2010

Ipocondria...

Riporto un vecchio post di un utente che ho trovato sul Web. Lo faccio perchè nella sua testimonianza e nei suoi pensieri un pò ci ritrovo pezzi di me e mi fa piacere ritrovare queste parole ogni volta che mi possano venire inrazionali dubbi... (anche se la sua esperienza è molto più forte della mia la base può essere simile...)

E' da circa un mese e mezzo che frequento questo forum. Il comun denominatore delle persone che scrivono e forse anche di quelle che leggono soltanto è il soffrire di fascicolazioni e molti altri sintomi di tipo muscolar e non. Tuttavia vi è un comun denominatore a mio avviso ben più interessante e profondo ed è la paura di avere gravissime malattie. Una paura che in alcuni casi assume le sembianze di una vera e propria ossessione (per lo meno a me sta accadendo così).
Da quando soffro di questo problema (esattamente da un anno e mezzo) la mia vita è cambiata. Non che prima non riflettessi sui fondamentali della nostra esistenza, ma sicuramente c'è stato un salto di prospettiva che mi ha condotto a pormi in maniera molto diretta di fronte al problema dei problemi: l'accettazione della sofferenza e della morte.

Prima di giungere alle brevi riflessioni che mi sento di condividere al riguardo vi racconto brevemente la storia della mia ipocondria, che naturalmente nella sua tragicità presenta anche tratti semi-comici (come ogni forma maniacale che si rispetti).

Le righe che seguono le ho scritte stamattina per me stesso, ma sono ben contento di condividerle con voi. Non pretendo che vi sentiate rappresentati, naturalmente, ma forse per qualcuno possono essere utili, almeno per sentirsi più vicini.


Tutto è iniziato nel giugno 2008 con un valore sballato delle analisi del sangue (biliriubina) che mi ha fatto credere di avere un tumore al fegato (nella mia perfetta ignoranza). Ho avuto tre o quattro giorni di panico, finché il medico di famiglia non mi ha rassicurato dicendomi che si trattava del morbo di gilbert (totalmente benigno e asintomatico). Dopo tre settimane mi sono sentito una piccola cisti al testicolo e memore di un'esperienza in famiglia (per fortuna risoltasi brillantemente) mi sono convinto di avere un tumore al testicolo e stavolta la convizione era ben più radicata. La paura tremenda di effettuare l'ecografia scrotale di controllo mi ha condotto a sviluppare una fortissima gastrite psicosomatica (al tempo non sapevo di soffrire di reflusso g-e) a cui inizialmente ho legato l'idea di una metastasi addominale linfonodale (avevo dolori allo stomaco fortissimi, nausea e vomito). Dopo il risultato negativo dell'ecografia (cisti dell'epididimo ordinaria) ho continuato per ben due mesi con i miei dolori gastrici ed esofagei alternando il terrore di un carcinoma gastrico primitivo a quello di adenocarcinoma esofageo o del cardias. Quel periodo (Agosto-Ottobre 2008) sono stato malissimo nel corpo e nella mente, attendendo ben due mesi e mezzo per la guarigione con inibitori della pompa gastrica (il mio medico di famiglia si rifiutava di farmi effettuare una gastroscopia).
Poi lo stomaco è tornato a bussare alla porta a Novembre con nuova gastrite e nuovi timori pazzeschi. Convinco il mio medico a farmi effettuare una gastroscopia. Nel frattempo subentra una dermatite molto forte diffusa ovunque (gli anni precedente colpiva solo le gambe sempre in inverno). Inizio a temere qualche tumore del sangue (linfomi vari) o un problema epatico o renale per i fortissimi pruriti in tutto il corpo.
A Gennaio 2009 la gastroscopia riporta: reflusso g-e e lieve gastrite (il grosso era passato).
A Febbraio inizio ad avvertire un forte dolore al dito della mano destra che non passa con antinfiammatori. Arrivo al delirio di convincermi che si tratti di un osteosarcoma ancora confinato. Dopo un mese il fastidio passa da sé.
Ma il bello arriva nel mese di Giugno (forse dopo una primavera di relativa calma psicologica). Mi si presenta una bella cisti sebacea sotto l'ascella che si gonfia fortemente con il passare dei giorni. Mi convinco si tratti di linfonodo maligno e penso al peggio (linfoma, leucemia e chi più ne ha pià ne metta). Prenoto allora una visita dermatologica di controllo anche per effettuare un monitoraggio dei nei mai compiuto prima.
La dermatologa (Luglio 2009) mi rassicura dicendo che si tratta di cisti sebacea, ma mi becca un bel neo interdigitale al piede sinistro che guarda con sospetto asserendo che è opportuno asportarlo. Le chiedo se c'è da preoccuparsi, lei dice di no, ma che è meglio toglierlo, anche senza fretta.
Naturalmente le rassicurazioni non mi servono a nulla e sviluppo la quasi certezza di avere un melanoma in fase verticalizzata (poiché trascurato). Mi studio tutto, ma dico tutto, sul melanoma in preda ad un delirio e mi convinco che mi mancano pochi mesi di vita. Alla fine di Luglio mi convinco di avere una metastasi linfonodale all'inguine per asimmetria dei linfondi tra destra e sinistra.
Passo le mie uniche vacanze estive in preda a questo panico rovinando interiormente momenti bellissimi (e santo Dio anche di benessere fisico oggettivo). Sulla mano destra mi compaiono delle machiette striate curiose (che ho poi scoperto essere sabbia finita sotto pelle chissà come), e le attribuisco ad una metastasi cutanea a distanza del melanoma medesimo. Passo tutta l'estate a monitorare maniacalmente il mio stramaledetto neo tra le dita dei piedi (brutto punto, penso, vicino a dove ha fottuto il povero Bob Marley). Lo misuro, ne testo colore, forma, striature, mi convinco che si stia desquamando (brutto segno!!). Nel frattempo proprio negli ultimi giorni della mia vacanza mi viene un attacco di cefalea e vertigini con spossatezza. Dimentico per qualche giorno il neo e mi concentro sulla testa (stavo oggettivamente una merda). Tumore cerebrale, sclerosi multipla, persino...udite udite metastasi cerebrale da melanoma....queste le mie ipotesi diagnostiche geniali. Dopo 15 giorni passa tutto e mi riconcentro sul mio spelndido neo.
Il 26 Agosto finalmente asporto il neo e passo 10 giorni di inferno in attesa dell'esame istologico che giunge infine il 9 Settembre: nevo melanocitico composto di natura benigna.
A quel punto ho 10-12 giorni di grazia. Mi calmo, prometto a me stesso e a chi mi sta intorno di cambiare, di rilassarmi, di vivere diversamente le riflessioni sull'esistenza che nel frattempo associavo al delirio ipocondriaco morboso. Mi rimane la sfiga di camminare zoppo (per l'operazione tra le dita dei piedi), ma sto una favola interiormente (almeno in apparenza).
Il 18-20 Settembre inizio ad assumere i miei farmaci per la fase autunnale delle allergie. Dopo due giorni inizia l'attuale inferno psico-fisico-spirituale. Fascicolazioni, giramenti di testa, formicolii, astenia, gambe a pezzi e tutte le belle cose che non vi sto a ripetere qui perché chi mi ha letto già le conosce. Ed oggi, 16 dicembre, mi ritrovo qua, con il fisico rottamato e lo spirito inquieto alla ricerca di domande, risposte, in preda a dubbi, a momenti di pace e a momenti di infernale paura.



Che conclusioni traggo da tutta questa storia di vita?
Credo che la mia-nostra ipocondria sia una sfida esistenziale, un'occasione unica per affrontare i nodi che non si sono sciolti interiormente. Personalmente ho l'enorme fortuna di vivere una vita felice sul piano affettivo, sentimentale e relazionale. E proprio quando questa felicità sembrava massima e mi sentivo fortissimo e invulnerabile rispetto alle forze esterne della vita (compiedo anche scelte importanti), tutto concentrato sul mio interiore, sui sentimenti, sulla capacità di dare e di accogliere il bene (ad ogni livello della vita, dal personale al sociale), ebbene proprio in quel frangente, un maledetto valore alterato della bilirubina mi ha colto in fallo. Mi ha ricordato che esiste la fatalità, che ciò che é esterno non lo possiamo cambiare e che si tratta di forze fuori dal nostro dominio. E di lì è giunta la crisi. Crisi dovuta al contrasto tra il sentimento di eternità e di onnipotenza che coltivavo dentro e la caducità insostenibile della materialità che ci contiene: il nostro corpo, involucro della nostra breve vita.
Questo contrasto tra esigenza di eterno e oggettività del corpo come ente finito e decadente, mi ha portato a riflettere tantissimo (riflessioni che grazie a Dio ho potuto condividere con persone molto care e vicine).

Ebbene credo che l'ipocondria, che si presenta come paura di soffrire e di morire, è in realtà lo specchio riflesso della paura di vivere fino in fondo, sapendo che la vita non è qualcosa di scontato, ma ti può sparigliare le carte in tavola in ogni momento, cambiando forma e costringendoti a sforzi pazzeschi per trovare un adattamento.
Come il velista continua a veleggiare anche se il vento è contrario ed anzi prova persino una ragione di forza nel trovare il modo di andare con vento traverso, così l'uomo che ama la vita, impara a prenderla nelle diverse e svariate (spesso purtroppo dolorose) forme che essa assume. Facile a dirsi quando tutto sommato ancora si sta decentemente...di sicuro! Però la prospettiva esistenziale in cui ci si mette è, a priori, fondamentale e questa esperienza di patemi interiori mi sta insegnando tantissimo, anche se sono ancora un cattivissimo allievo.
Se l'ipocondria è paura di vivere, la soluzione all'ipocondria è guardare la vita non soltanto con coraggio, ma anche con umiltà: due virtù speculari che non possono esistere l'una indipendentemente dall'altra. Il coraggio ci aiuta ad affrontare ciò che la vita offre cogliendo sempre il massimo della sua essenza, concentradoci sul bene che possiamo dare agli altri e ricevere dagli altri. Coraggio quindi per affrontare la relazione come centro motore della nostra esistenza. Relazione che per chi è credente è anche relazione con l'eternità. A proposito non amo dividere il mondo in religiosi e non religiosi. Ciò che conta sono infatti fede e la fiducia come concetti trasversale alla semplice religione (che ne é una nobilissima e rispettabile forma). Fede nella vita, nell'altro e nell'eternità dei sentimenti autentici che si eternano oltre la vita del singolo.
La seconda virtù è l'umiltà: umilità di non voler prevedere ciò che non possiamo prevedere, non voler superare i limiti della nostra umanità diventando superumani capaci di comandare il nostro (per definizione imprevedibile) destino. Umiltà di saper amare la vita proprio perché il fattore esterno è imprevedibile e non ci resta che imparare ad accettarlo, lavorando interiormente.

Coraggio ed umiltà, quindi, per imparare a concentrare tutte le nostre risorse in direzione di ciò che possiamo modificare, cioé nell'essenziale il nostro potenziale relazionale verso l'altro, limitando invece al massimo il dispendio di energie verso l'immodificabile che con enorme superbia ci si ostina a voler prevedere morbosamente per esorcizzare il nostro fottutissimo timore di vivere.

Come dicevo sono un cattivissmo allievo. Proprio in questi giorni continuo infatti a cadere nella trappola della concentrazione verso ciò che non posso modificare. La morbosità conoscitiva mi vince, il dubbio mi assale, la paura mi toglie la vita che scorre.
Ammettere di essere cattivi allievi, d'altra parte, non basta! Ci si deve sforzare di trarre insegnamento dalle esperienze come queste. Ci si deve sforzare di vivere bene ora, indipendentemente dal fatto che tra due mesi si ha l'EMG, o che sono passati solo tre mesi dall'esordio dei sintomi e che quindi forse tra 4 mesi potrei scoprire di avere la SLA. Non ci deve riguardare un pensiero del genere. Non si può vivere contando i giorni dagli esordi delle maledette fascicolazioni. Non si può vivere al di sopra della propria vita monitorandola come fosse un giocattolo a proprio uso e consumo.
Se poi si scopre di essere malati davvero? Be, allora si assumerà una nuova prospettiva e tragicamente si trarranno nuovi difficilissimi insegnamenti da questa vita. Se proprio il vento dovrà girare contro, si proverà a navigare con ciò che resta. E l'interiorità sarà messa alla prova ancora una volta, come sempre d'altronde, seppur in forme così diverse da caso a caso.
Ma è del tutto inutile e altamente nocivo far finta che ci sia un vento che non c'è, scambiare il libeccio con il maestrale, finendo per adottare tecniche di navigazione completamente sbagliate che rischiano soltanto di far fermare la barca in mezzo al mare per la nostra isteria e stasi interiore. La raffigurazione di malattie che non esistono rappresenta soltanto un livello di superbia distruttivo che logora la nostra interiorità conducendoci all'egocentrismo più vile (lo affermo provandolo quotidianamente su di me).

Non lancio soluzioni, né proposte concrete. Provo soltanto a tracciare una tendenza, una linea che è difficilissima da seguire, ma che è la sola che può portare l'uomo ad affrontare con coraggio ed umiltà la propria vita. Senza cadere nei facili e orribili ottimismi dei semplicioni, ma sapendo conciliare serenità, felicità e sofferenza (che è legittima e che deve essere vissuta e raccontata, non certo nascosta come vorrebbe la nostra stupidissima società materialistica ed edonostica avviata al suicidio sociale collettivo).


Impariamo ad essere illimitati ed eterni rimanendo nei nostri ineluttabili ed in fondo benemeriti limiti.

lunedì 19 luglio 2010

Teoria quantistica dei campi...

Uno dei migliori riassunti, semplici e concisi che ho trovato sull'argomento... naturalmente con un pò di arrangiamenti... :-)

Il campo quantistico dopo la procedura di quantizzazione non appare come un mezzo continuo, ma si decompone in una serie di noduli di energia che si propagano nello spazio. Questi singoli noduli sono ciò che chiamiamo particelle; ma in realtà esse sono solo un'espressione della sostanza sottostante che riempie lo spazio, il campo quantistico. Le particelle non sono altro che una localizzazione dell'energia del campo.

I campi trasportano l'informazione della forza e dell'energia attraverso lo spazio, rispettando rigorosamente la proprietà della località. Un sistema reagisce solo all'azione dei campi situati nelle sue vicinanze. Le interazioni tra campi sono strettamente locali. Materia e forza sono entrambe frutto di campi quantistici e della loro reciproca interazione.

Il campo quantistico si comporta come un'onda, tuttavia se osservato non appare più come un mezzo continuo, ma piuttosto come uno sciame di entità individuali, ciascuna delle quali trasporta una ben determinata quantità di energia (fotoni, elettroni, gluoni, bosoni W e Z). Sono i campi quantistici la realtà fondamentale, non le particelle. Ogni specie di particella elementare è associata ad un diverso campo quantistico. Noi osserviamo questi noduli di energia come singole particelle, ma in realtà sono manifestazioni di un'unica sostanza fisica. Secondo la teoria quantistica dei campi, la forza elettromagnetica è il risultato dell'interazione tra il campo dell'elettrone e quello del fotone.

Pallocchio...


Pallocchio è il simpatico criceto dagli occhi enormi nel film racconti incantati...

Direi che non c'entra nulla con questo blog... ma un diversivo ogni tanto ci vuole!!!

domenica 18 luglio 2010

La visione riduzionistica e la consapevolezza...

Riflessioni del week-end...

Sappiamo che molti sistemi fisici hanno elementi caotici; il modo in cui rispondono ad una perturbazione dipende da piccolissime differenze nelle loro condizioni iniziali. Almeno per certi aspetti, le funzioni cerebrali sono concepite al meglio se le si guarda come sistemi di questo tipo.
Guardate nel cervello: vedrete le connessioni neurali ed i messaggi neurali che scoppiettano dappertutto, ma non troverete nessun fenomeno soggettivo consapevole. Soltanto il resoconto dell'individuo che ne sta facendo esperienza potrà dirvene qualcosa. Esse comunque non ricadono nel campo della conoscenza scientifica. Non vi sono al momento evidenze oggettive dell'esistenza di fenomeni consci esterni al cervello, ed un danno al cervello può provocare la perdita di varie funzioni conscie sino ad una perdita permanente di coscienza. In seguito alla stimolazione elettrica dell'area corticale che riceve informazioni sensoriali dal corpo, il soggetto non sente nessuna sensazione localizzata nel cervello, ma la percepisce in qualche parte del suo corpo. Inoltre la maggior parte della corteccia cerebrale non fornisce risposte coscienti di nessun tipo quando viene stimolata elettricamente. Il cervello ha bisogno di un periodo relativamente lungo, fino a circa mezzo secondo, per attivarsi in modo appropriato ed indurre la consapevolezza dell'evento. E' necessaria una certa durata degli impulsi ripetuti per produrre una sensazione cosciente; un singolo impulso è del tutto inefficace indipendentemente dalla sua intensità.

La consapevolezza in sé è un fenomeno mentale separato dal contenuto dell'evento mentale. Il contenuto di un evento può essere rilevato dal cervello in maniera inconscia, senza consapevolezza dell'evento. La consapevolezza è indipendente dal contenuto. Quando la durata delle attivazioni simili ripetute di neuroni appropriati raggiunge un certo valore allora il fenomeno della consapevolezza emerge. La durata richiesta sarebbe il "codice neurale" per la comparsa della consapevolezza.

La trasformazione da schemi di attività neurali a rappresentazioni soggettive sembrerebbe svilupparsi nella sfera mentale che emerge da quegli schemi. L'esperienza cosciente soggettiva emerge da appropriate funzioni cerebrali. L'aspetto mentale cosciente non può esistere senza i processi cerebrali che gli danno origine.

La correlazione sincrona di oscillazioni elettriche fornirebbe un'immagine soggettiva unificata. Si potrebbe concepire l'esperienza soggettiva cosciente come se fosse un campo, prodotto da appropriate, per quanto molteplici e multiformi, attività neurali del cervello.

See you space cowboy...

venerdì 16 luglio 2010

Coscienza e Processo...

Oggi facciamo un giro su di una serie di idee, che trovo maggiormente attendibili o comunque degne di attenzione, prese da svariate letture...

Ogni percezione è in qualche misura un atto di creazione ed ogni ricordo in qualche misura un atto di immaginazione?

Ci sono centinaia di aree talamocorticali specializzate per funzione, e ciascuna contiene decine di migliaia di gruppi neuronali collegati da un immenso insieme di connessioni reciproche, convergenti e divergenti, che li mantengono coesi in un'unica stretta trama pur conservandone la loro specificità funzionale locale. Qualsiasi perturbazione in una parte della trama può essere percepita rapidamente in ogni altra parte.

Nessuna area in particolare sembra possedere la chiave della coscienza in quanto tale. Il punto fondamentale è l'interazione dei vari sistemi.

Configurazioni distribuite di attività sembrano essere alla base dell'esperienza cosciente. Affinchè uno stimolo sia percepito in modo cosciente, sono necessarie interazioni rientranti in corso tra molteplici aree cerebrali. Compiti che richiedono consapevolezza sono accompagnati da correlazioni temporali a breve termine tra popolazioni distribuite di neuroni del sistema talamocorticale. E' dunque richiesto un alto grado di sincronizzazione o di fase dell'attività di regioni distanti del cervello, dato dalla loro coerenza. I neuroni di questi gruppi scaricheranno in sincronia: il meccanismo avrà pertanto correlato nello spazio e nel tempo un numero elevato di circuiti dinamici. La selezione dei circuiti correlati nel tempo e vincolati dai valori sarà dunque all'origine di un segnale in uscita coerente.

Anche se è di per sé un processo privo di poteri causali, la coscienza è implicata in modo preciso ed attendibile dalle complesse attività e dai poteri causali dei gruppi neuronali che compongono il nucleo rientrante. Inoltre, i segnali dal corpo al cervello e dal cervello a se stesso preparano il terreno per l'emergere di un sé. Anche questo sé, come la coscienza, è un processo (connessioni rientranti tra mappe concettuali e aree capaci di riferimento simbolico o semantico)... Solo gli scambi al livello della materia o dell'energia possono essere causali, quindi è l'attività neuronale ad essere causale, non l'esperienza fenomenica che questa implica. Gli stati fenomenici coscienti sono informativi degli stati dei gruppi neuronali. La coscienza serve ad informarci dei nostri stati cerebrali e quindi è fondamentale per la nostra comprensione.

Gli stati coscienti sono unitari, ma cambiano periodicamente nel tempo, sono soggetti alla modulazione da parte dell'attenzione, implicano soggettività o qualia. L'azione neurale di questo sistema IMPLICA la coscienza. La coscienza non è un oggetto, è un processo. La continuità non implica un'essenza. Anche se riuscissimo a registrare con precisione e ad analizzare l'attività dei neuroni del cervello mentre formuliamo una frase, non saremmo in grado di specificare con precisione i contenuti della frase facendo riferimento soltanto alle registrazioni neurali. Una spiegazione riduzionista della coscienza non è desiderabile, né probabile. La soggettività è irriducibile.

Il caldo continua ad imperversare... condizionatori a palla...

giovedì 15 luglio 2010

Pensare è un processo... Essere è uno stato...

L'afa continua ad imperversare... Domani è previsto un picco di caldo... Bene, ti viene proprio voglia di uscire per andare al lavoro... :-(
Tornando a noi...

Il nostro successo nello spiegare il mondo mediante la matematica è solo un caso fortuito, oppure è inevitabile che gli organismi biologici che sono emersi dall'ordine cosmico debbano riflettere quell'ordine nelle loro facoltà conoscitive?
Capita di scoprire, spesso dopo diversi anni dopo, che la natura gioca secondo quelle stesse regole matematiche che dei matematici puri avevano già formulato.

L'essenza della vita può essere considerata come energia auto-organizzata oltre una certa soglia di complessità...

Sembra che esistano dei principi organizzativi che svolgono una funzione nei sistemi complessi. Essi affiancano le leggi della fisica, sono compatibili con tali leggi, ma non possono né esservi ridotti, né esserne derivati.

See you space cowboy...

array di materia...

L'informazione tende a persistere generazione dopo generazione, anche se i singoli organismi che la codificano inevitabilmente nascono, si riproducono e muoiono.

Ogni bit è dato da due possibili stati 0 e 1. Più stati sono possibili, più bit contiene il sistema. La meccanica quantistica ci dice che ogni sistema fisico dotato di energia finita e confinato in una regione finita di spazio può esistere solo in un numero finito di stati e quindi può registrare una quantità finita di informazione, quindi di bit. Ogni particella è un bit, ogni cambiamento di stato un'operazione logica elementare. L'importanza di un bit sta non solo nel suo valore intrinseco, ma anche da come quest'ultimo va a modificare i valori di altri bit attorno a sé, come parte di quel processo di trasformazione dell'informazione che costituisce l'evoluzione dinamica dell'universo. La materia registra bit di informazione, a partire da ogni sua particella elementare. Le interazioni tra queste parti dell'universo modificano i rispettivi bit e cambiano dunque l'informazione. Ogni interazione è l'equivalente fisico di una operazione logica di base. L'universo calcola la sua evoluzione. La complessità è una conseguenza di questo.

La meccanica quantistica rappresenta l'energia mediante i campi quantistici. L'energia si conserva e l'informazione non diminuisce mai. Un sistema fisico ha bisogno di energia per passare da uno stato all'altro, ovvero per manipolare informazione. L'entropia è la misura del disordine di un sistema, cioè della quantità di informazione necessaria per descrivere tutti i moti dei suoi atomi, cioè lo stato microscopico. Il numero di bit registrati da un atomo è pari a quelli necessari per descrivere completamente il suo moto. Le leggi fisiche non permettono che l'informazione sia distrutta. Se ne abbiamo cancellata un pò da una parte, la stessa quantità si deve essere trasferita da un'altra. Ogni stato corrisponde ad un'onda, e le onde si possono sovrapporre. L'intero universo, inteso come sistema quantistico è formato in gran parte da componenti entangled tra loro. Sappiamo che l'atto di misurare è distruttivo della coerenza. Sono storie decoerenti, perchè non c'è più relazione tra i diversi cammini. La meccanica quantistica permette lo svolgersi di molte storie, una delle quali corrisponde a ciò che avviene davvero; le altre sono parti inaccessibili della funzione d'onda e corrispondono ad eventi che non si sono verificati.

L'informazione sul mondo è quantizzata?

Eccomi con un nuovo post di riflessioni personali... naturalmente supportate da tante letture sull'argomento perchè di mio non sono certo un genio... :-) considerando le temperature proibitive di oggi è un miracolo che il mio netbook non si sia già fuso...

Non possiamo distinguere dal punto di vista operativo l'informazione dalla realtà. Quest'ultima è derivata e dipende dalle informazioni che riceviamo. Tutto può essere formulato nel linguaggio delle affermazioni logiche, in bit?

Se si ottiene un'informazione sulla traiettoria, la figura di interferenza sparisce; al contrario se l'esperimento è congeniato in modo tale da non registrare l'informazione sulla traiettoria, si ripresenta la figura di interferenza.Oggi sappiamo che questa alternativa è uno stato fisico fondamentale, non è possibile ottenere entrambe le cose contemporaneamente.

L'informazione in questo caso sembra svolgere un ruolo decisivo.


Inoltre l'effettivo comportamento della singola particella è lasciato al caso.
Se i sistemi che osserviamo diventano sempre più piccoli, la loro descrizione richiederà una quantità di informazione sempre minore. Dunque il quanto di luce che attraversa, ad esempio, una doppia fenditura può portare pochissime informazioni, o da quale fenditura passerà o se è presente una figura di interferenza sullo schermo. La scelta tra le alternative dipenderà da
come impostiamo l'esperimento. In entrambi i casi la particella non può però fornire ulteriori informazioni sulla posizione dello schermo in cui arriverà. Dunque questo evento deve avvenire in modo casuale. Questa informazione non può neanche essere nascosta, perchè sarebbe comunque un'informazione che la particella porta con sé. Il caso dunque si presenta perchè
l'avvenimento non ha alcuna causa, dato che il singolo quanto non può portare informazione sul punto dello schermo in cui arriverà. Il mondo in queste situazioni non è predeterminato in alcun modo. La particella, inoltre, prima di essere misurata non sembra avere proprietà definite, che fanno la loro comparsa solo con l'atto della misurazione. Questo significa che prima della misurazione le proprietà non sono fissate e non è corretto attribuirle ad un qualsiasi sistema quantistico, proprio perchè dipendono dal tipo di esperimento che decidiamo di eseguire. Due grandezze (ad esempio quantità di moto e posizione) si dicono complementari se non possono essere disponibili allo stesso tempo informazioni precise su entrambe. Non serve, ad esempio, che un osservatore prenda nota della traiettoria della particella: la sola possibilità di farlo basta a far scomparire la figura di interferenza. Finchè da qualsiasi parte sono disponibili informazioni sulla traiettoria la figura di interferenza non può essere definita.

Questa non influenzabilità del singolo evento e l'accordo di tutti gli osservatori sul risultato sono probabilmente gli indizzi più convincenti che esiste un mondo indipendente da noi.

Dopo l'interazione "entanglement" le due particelle smettono di essere oggetti singoli, ognuno con le sue proprietà ben definite. Ad esempio, ogni variazione del momento di una è strettamente legata ad una variazione del momento dell'altra. Successivamente, dopo la prima misurazione l'entanglement è interrotto. Ogni particella ha il suo stato ben definito. Da quel momento in poi le due particelle sono del tutto indipendenti, ed a parte i risultati della prima misurazione non ci sono correlazioni.

Se tra l'oscillazione di due onde c'è un rapporto fisso si parla di onde coerenti. E' però possibile che con il passare del tempo il nostro sistema fisico perda questa coerenza. Con l'osservazione disturbiamo il sistema, cambiando il rapporto fisso tra le onde che non riescono più ad annullarsi o rinforzarsi come prima. L'interferenza scompare, quando il sistema porta all'ambiente informazioni sul suo stato. Forse con un progresso tecnico negli esperimenti, come sembra, sarà possibile osservare la coerenza per oggetti non microscopici???
Decoerenza = perdita della capacità di interferenza a causa degli influssi dell'ambiente e quindi perdita delle sovrapposizioni quantistiche. Si può pensare che questa decoerenza sia tanto più forte quanto più grande è un sistema, dato che ha più possibilità di interagire con l'ambiente. Inoltre la decoerenza sarà tanto più forte quanto più alta è la temperatura di un sistema, infatti tanto maggiore è la radiazione di calore che emette.

L'idea secondo la quale il mondo ha certe sue proprietà fisiche definite, indipendenti da come le si osserva, non può essere considerata corretta...

See you space cowboy...

mercoledì 14 luglio 2010

Il mondo è la molteplice infinità di qubit?

La massa della materia ordinaria è l'energia contenuta nei componenti più elementari, in sé privi di massa (quark e gluoni). m=E/c^2 , l'inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia, suggerisce la possibilità di spiegare come avviene che la massa emerga dall'energia.

Ciò che percepiamo come spazio vuoto in realtà è un mezzo la cui attività modella il mondo. Non ci sono ingredienti di partenza, a parte lo spazio vuoto. L'ingrediente primario della realtà brulica di attività quantistica spontanea (particelle virtuali, che possono schermare od antischermare una sorgente) ed imprevedibile. Per osservarlo è necessario perturbarlo (misurarlo). Se guardiamo con una risoluzione elevata nello spazio e nel tempo per vedere che cosa accade nello spazio vuoto troviamo molti risultati possibili. Ogni osservazione comprende una possibilità che compare, moltiplicata per una certa ampiezza di probabilità, in una funzione d'onda. La teoria del caos prevede che piccole incertezze nella nostra conoscenza del mondo introdurranno incertezze molto grandi in ciò che potremo dedurre sullo stato del mondo. Se troviamo configurazioni stabili, localizzate, di energia, abbiamo "calcolato" particelle stabili. Le particelle compaiono come conseguenze secondarie; sono perturbazioni localizzate delle entità primarie: i campi quantistici.

La materia ordinaria è una manifestazione secondaria che registra il livello di eccitazione di questo campo?

La luce stessa si presenta sempre in unità discrete di energia e viaggia portando unità discrete di quantità di moto. I campi quantistici riempiono tutto lo spazio e si vede che la loro energia è impacchettata in unità discrete: i fotoni. La luce viene deflessa dalla gravità (ma i fotoni non hanno massa) perchè i fotoni hanno un'energia non nulla, e la gravità attira energia.

f=mc^2/h le vibrazioni rappresentano particelle di diversa massa (ovvero i bit da cui emergono gli it).

Beh, per ora è tutto...

Frattali e poi...












Ogni generazione dello sviluppo frattale aggiunge complessità evidente, ma non richiede ulteriori informazioni progettuali. Un frattale probabilistico aggiunge a questo l'elemento dell'incertezza. La biologia utilizza lo stesso principio. I geni forniscono le informazioni di progetto, ma i dettagli in un organismo specifico sono di molto superiori alle informazioni genetiche di progetto. Il cervello, ad esempio, ha probabilmente dei principi di progetto che contengono molta meno informazione rispetto alle strutture estremamente dettagliate che l'informazione genetica realizza attraverso questi processi iterativi di tipo frattale.

Tutta la nostra biologia funziona grazie a sequenze lineari di coppie di basi del DNA a 2 bit, che a loro volta controllano la sequenziazione di venti aminoacidi nelle proteine. Filamenti di DNA che si autoreplicavano hanno fornito un metodo digitale per registrare i risultati degli esperimenti dell'evoluzione.

Forse la realtà, alla sua base, non è costituita da particelle e campi, ma da bit modificati secondo regole computazionali? Al livello di complessità più fondamentale un processo informativo esegue quella che chiamiamo fisica per poi passare alla chimica ed alla biologia che sono sostanzialmente elaborazione di informazione. Sistemi autoorganizzanti partono con reti semplici, ma si organizzano in modo da produrre un comportamento "intelligente".

Devo dire che comincio già ad apprezzare la possibilità concisa di organizzare idee e pensieri che dà il metterli per iscritto su di un qualsiasi supporto... sfortunatamente per chi legge non sono mai riuscito a tenere un piccolo diario o una agenda per cui ECCO QUESTO BLOG! :-)

Alla prossima...

Primo Contatto...

14/07/2010

" Si stima che nell'universo ci siano circa 10^80 particelle, con una capacità teorica massima di circa 10^90 calcoli per secondo (cps). L'universo ha un'età di circa 10^17 secondi, dunque arrotondando in esso si sono verificati un massimo di 10^107 calcoli. Dato che una particella può memorizzare circa 10^10 bit in tutti i suoi gradi di libertà (posizione, traiettoria, spin e così via...), lo stato dell'universo rappresenta in ogni istante circa 10^90 bit di informazione"

Visto che era da un pò che ci pensavo, ho finalmente creato un blog su internet... che dire, la cosa nasce dalla voglia di avere un MIO spazio su cui poter mettere nero su bianco i miei pensieri e le mie riflessioni personali, così da poterli riordinare ed avere sempre un punto della situazione aggiornato... quindi, non so se quanto qui scriverò lo leggerà mai qualcuno, ma in caso mi porto avanti col lavoro :-) e saluto tutti quelli che capiteranno da queste parti..

Andiamo ad incominciare... premetto che quanto scriverò si basa su una mia personale ricerca quindi sono ben accette opinioni di qualsiasi tipo che mi possano far intravedere strade non ancora illuminate dalla mia attenzione...